Che influenza ha la posizione sulle apnee del sonno?

La posizione del corpo durante il sonno ha un ruolo importante e non va sottovalutata, specialmente in presenza di disturbi respiratori del sonno come, ad esempio, l’OSAS.

Addormentarsi supini causa una serie di modificazioni morfologiche e funzionali anche in situazione di fisiologia: dormire “a pancia in su” comporta un naturale aumento della collassabilità delle vie aeree superiori a causa della semplice gravità. In posizione supina cambia la dimensione dello spazio faringeo, si riducono i volumi polmonari e la capacità ventilatoria diventa instabile e spesso si riduce.

La Sindrome delle Apnee ostruttive del Sonno (OSAS) è un disordine caratterizzato da ripetuti episodi di completa o parziale cessazione del flusso d’aria attraverso le vie aeree superiori dovuta a loro ricorrente collasso durante il sonno. [Inserire un link alla pagina dedicata alle patologie del sonno, nello specifico al paragrafo OSAS]

È possibile inquadrare l’influenza di vari fattori di rischio, come la posizione, attraverso gli indici polisonnografici.

L’OSAS è definito posizionale quando l’AHI in posizione supina raddoppia rispetto all’AHI in posizione non supina (a patto che il paziente trascorra almeno il 10% del tempo di registrazione in posizione supina).

Se l’AHI, in posizione non supina, ritorna a livelli fisiologici (AHI<5), si può parlare di OSAS posizionale supine isolated, ovvero a carattere esclusivamente di tipo posizionale. Se l’AHI resta superiore a 5 anche quando il paziente dorme in posizione non supina, si parla di OSAS supine predominant.

In passato si pensava che i pazienti affetti da OSAS posizionale fossero circa un quarto del totale: secondo la più recente letteratura, invece, i pazienti con OSAS posizionale raggiungerebbero il 50 – 60%. Di questi, circa il 25 – 30% svilupperebbe un OSAS a carattere supine isolated.

Il paziente affetto da OSAS posizionale è solitamente più giovane e più magro di quello con OSAS non legato alla posizione e sviluppa una sindrome di carattere lieve o moderato.

Approccio terapeutico

L’approccio terapeutico al paziente con OSAS posizionale può avvalersi di ulteriori terapie rispetto al paziente con OSAS non posizionale.

Per migliorare il sonno dei pazienti con OSAS supino dipendente è necessario escogitare degli stratagemmi per indurre il sonno in posizione laterale.

Gli strumenti tradizionalmente consigliati sono:

  • cuscini a forma di cuneo da posizionare longitudinalmente lungo la schiena per prevenire la possibilità di girarsi;
  • magliette con tasche posizionate nella parte superiore della schiena (tra le scapole) dove inserire palline da tennis o altri spessori;
  • piccoli zaini riempiti con cuscini o palline;
  • strumenti che suonano al cambio di posizione.

Questi metodi sono soggetti ad una serie di limiti:

  • scarsa compliance: queste soluzioni sono scomode, invasive e spesso fonte di imbarazzo;
  • scarsa praticità e trasportabilità;
  • rischio di inficiare la qualità del sonno: la presenza di spessori ed i rumori degli allarmi possono provocare risvegli che vanno a interrompere il decorso naturale del riposo notturno.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi dispositivi che, attraverso una vibrazione pulsante, suggeriscono al paziente il cambio di posizione senza compromettere la qualità del sonno. Le diversi tipologie differiscono per grandezza dell’unità vibrante e per punto di applicazione (torace per Night Balance, nuca per Night Shift o fronte per Somnibel). Questi dispositivi sembrano essere più efficaci e meglio tollerati.

La terapia posizionale non è risolutiva per tutti i pazienti con OSAS lieve o moderata e va valutata paziente per paziente. Il suo punto di forza è quello di essere di semplice esecuzione e di facile associazione ad altre terapie come calo ponderale, terapia comportamentale ed igiene del sonno.

In casi più complessi, dove la terapia posizionale non risulta risolutiva, è importante ricordare che un OSAS di tipo posizionale è un fattore predittivo di successo per la terapia con MAD: associare una terapia posizionale a quella con un dispositivo di avanzamento mandibolare consente di ottenere risultati migliori e di migliorare la risposta al trattamento.

Autore:

Dott.ssa Alessia Cosi

Dott. Pasquale Cozzolino

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